Sabato 4 Agosto
Di buon mattino, e dopo una salutare dormita, siamo pronti
per recarci al Centro adozioni e verificare il programma che Ethel ci ha preparato per i giorni che seguiranno.
Quest’anno mi hanno dato un bel pick-up, ragion per cui
spostarsi sarà molto semplice.
Giunti al Centro adozioni, troviamo tutto chiuso. Ci sono
dei lavori in corso che hanno portato ad una significativa trasformazione della
struttura.
Decidiamo allora di fare un giro presso la struttura del
Monfort Media dove incontriamo Felix il quale ci dice
che il Centro adozioni è chiuso perchè Ethel sta poco
bene e il sabato non si sta lavorando. Ci rechiamo allora a salutare padre
Piergiorgio Gamba che, come sempre gentile, ci mostra gli ultimi progetti che
sta realizzando e le novità di Balaka.
Nella tarda mattinata ci rechiamo a casa di Ethel per salutarla e capire le sue condizioni. In realtà
ha un semplice mal di gola e sarà pronta, iniziando da lunedì, a farci incontrare
i nostri bambini. Quest’anno è particolarmente impegnata in quanto in questo
periodo a Balaka ci sono anche i responsabili del gruppo di Montemario
che stanno visitando i loro bimbi.
Dopo pranzo don Cesare ci dice se vogliamo andare con lui e Kulapa nel villaggio di Sosola in
quanto c’è il funerale della madre di un suo amico e gli hanno chiesto se può
celebrare la messa.
Lo spostamento da Balaka al villaggio di Sosola
avviene per me, Mafalda e Luca dietro il cassone della macchina di Cesare…primo
bagno di polvere e prime botte alla schiena per Mafalda e Luca, il quale sembra
divertirsi molto.
Mafalda:
Al nostro arrivo al
villaggio uno dei catechisti del luogo ci viene incontro per accoglierci e ci
accompagna alla casa dove si trova la donna deceduta, pare a causa di una appendicite giunta a peritonite, prima che la donna riuscisse
a giungere all’ospedale. Si tenga conto che il trasporto avveniva
tramite una bici!
Dentro la capanna ci
sono solo i familiari, i partecipanti al rito sono così disposti fuori della
capanna: tutti gli uomini formano un semicerchio alla destra dell’entrata,
tutte le donne sono disposte in semicerchio alla sinistra, alcune donne sono
sedute per terra vicino alla capanna, cantano e pregano, altre donne più
distinte si preparano per la processione. Non appena si accorgono di noi tre
intrusi compaiono tre sedie e ci invitano a sederci. Aanche
in questo caso ci sentiamo dei privilegiati. Il rito inizia
con una processione di catechiste al capo della quale c’è un uomo; le donne,
circa una decina, tutte vestite con gonna, camicia e turbante viola, avanzano danzando
lentamente a ritmo di un canto funebre; portano in mano piccole corone di bouganville che poi depongono sulla cassa della morta che
nel frattempo è stata portata fuori la porta della capanna.
Ha inizio il rito
funebre. Il primo intervento è di un parente della donna che parla per circa 20
minuti e tesse le lodi della defunta. Di seguito prende la parola una delle
persone più in vista del villaggio che elenca tutti i doni ricevuti
(essenzialmente kwacha) dalla donna alla sua morte.
Al termine di questo secondo intervento si alza un brusio di voci dietro di noi.
Immaginiamo che le donne stiano facendo dei commenti sulle cifre che sono state
donate dalle varie persone. Comunque è il terzo intervento quello che ci
spiazza di più. Infatti ad un certo punto, dopo che
l’uomo ha finito di parlare, una donna anziana si alza e va dietro ad una
capanna uscendone insieme ad un’altra donna completamente ricoperta da un telo,
tanto che non può vedere la strada e viene portata per mano dall’anziana. La
donna anziana fa un breve discorso e poi scopre la donna che viene
fatta vedere a tutte le persone presenti. Ovviamente noi non capiamo nulla di
cosa stia succedendo, vedremo poi Cesare che spiegazione ci darà. Solo a questo
punto, dopo che il capo tribù ha dato il benvenuto a padre Cesare, ha inizio la
messa con rito cattolico.
Al termine della
celebrazione la donna viene caricata sopra
un’ambulanza che oggi funge da carro funebre e si avvia verso il cimitero,
luogo in cui nessuno, ad eccezione del chairman, ha
accesso.
Torno alla casa del
volontario molto felice in quanto non mi sarei mai aspettata
di poter partecipare ad un funerale in Africa tanto che anche per Ilario è la
prima volta dopo sette anni.
Ovviamente non appena
ci muoviamo verso la nostra macchina, domandiamo a padre Cesare chi fosse quella donna ed il perché di quel rito.
Padre Cesare ci spiega
che la donna morta era una persona molto importante del villaggio; prima di morire
ha lasciato detto che le sue mansioni dovessero passare alla donna che noi
abbiamo visto inizialmente
con il volto coperto. Ma perché si è presentata così? Perché da quel momento
quest’ultima è “diventata”
la persona morta, tanto che ne prenderà anche il nome. Solo quando è stata
fatta questa presentazione è stata scoperta!
Che mondo! Giusto una
considerazione: supponiamo che domani io scriva una lettera alla donna che da
oggi in poi è diventata la donna deceduta. A chi arriverà la lettera? A nessuno,
visto che la donna non esiste più! Altro che anagrafe.
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