Sono le quattro del mattino e
siamo arrivati a Lilongwe. Fa freddo, non sembra
proprio di essere in Africa.
Durante il viaggio comincio a rivedere il film di questa nuova esperienza che ormai,
anche per quest’anno, volge al termine.
Penso che molto sia stato il
lavoro fatto, ma purtroppo mi sembra sempre che sia una goccia nell’oceano.
Bisognerebbe cambiare marcia e dedicare più tempo a questa attività,
reperire più risorse finanziare per costruire altre scuole e strutture,
coinvolgere un maggior numero di persone nel progetto di adozioni a distanza in
modo da salvare da morte sicura (soprattutto in un anno di carestia come
questo) quanti più bambini, e quindi famiglie possibili, trovare più soldi per
il progetto di adozione di una mamma in modo da minimizzare la possibilità che
le madri sieropositive diano alla luce bimbi malati.
Altro problema... da solo non
riesco più a fare tutto, passo troppo poco tempo con i singoli bimbi, due, tre
minuti al massimo, infatti dovendoli vedere tutti (è
giusto che ogni adottante abbia notizie del suo adottato) non posso dedicare il
tempo che desidererei a ognuno di loro, servirebbe invece molto più tempo
soprattutto per i bimbi malati e quelli che dimostrano un vivo interesse per la
scuola in modo da incoraggiare loro e le loro famiglie. L’ideale sarebbe che
almeno un’altra persona mi seguisse in questa avventura,
ma so che questo non è affatto semplice.
Oppure bisognerebbe venire in Malawi
almeno due volte l’anno e per un periodo più lungo; sì, ma con il lavoro come
si fa?
Bisogna assolutamente invertire
la rotta relativamente all’interesse dei ragazzi di
seconda, terza media verso la scuola; non è possibile avere delle percentuali
così basse di ragazzi che arrivano alle superiori. Ma
come fare? I ragazzi qui a quell’età
sono ormai considerati uomini e quindi buoni per metter su famiglia e lavorare
i campi.
Le possibilità di cambiare lo
stato delle cose nel breve tempo mi sembrano, obiettivamente, prossime allo
zero.
Forse bisognerebbe puntare su un
numero di persone più meritevoli in modo da formare una nuova classe dirigente
che si dovrà prendere carico di cambiare questo stato
di cose a partire dalle prossime generazioni; ma come si fa a puntare su un
numero limitato di persone quando qui il virus dell’HIV è in agguato per ognuno
di questi ragazzi?
Mi fa male la testa, sono quasi
a Roma, e purtroppo il film che ho rivisto non è affatto comico, ma drammatico,
molto drammatico.
Giunto a Roma in perfetto
orario, saluto i miei compagni di viaggio e me torno a
casa. Per oggi fermiamo le bocce, da domani riprendiamo a fare piccoli passi,
passi che spero porteranno dei risultati sempre più soddisfacenti.